Giovannantonio Macchiarola Giovannantonio@aruba.it
PREMESSA Tanto tempo fa, ho leggiucchiato un libro di Fabio Cusin, dal titolo “Antistoria d’Italia”con una bella copertina, come si facevano una volta le copertine dei libri, a 350 lire, delle edizioni economiche Mondadori. Una composizione colorata che oggi potrei ricordare come pop art, tutta italiana però, per il collage di vignette che rimandavano a immagini risorgimentali intraviste sui libri di scuola… Non ho più a disposizione quel libro e non l’ho mai finito di leggere, anche se, essendo sincero, dovrei meglio dire che ne ho letto solo le prime pagine; forse solo l’introduzione e la quarta di copertina… ma che, tuttavia, m’è rimasto nel cuore per quello che mi ha comunicato o forse per quello che io ne ho ricavato. Poiché non posso citarlo, posso solo tentare di riportare “a memoria” il concetto espresso da questo storico italiano in quel testo, per quanto poco lo conosca. Nel citarlo, potrebbe inoltre ingannarmi la giovane e pubere età in cui ne ebbi conoscenza, e solo grazie a quella sommaria valutazione, a cui potrei oggi aggiungere l’età maturata e il tempo trascorso. In conclusione, Cusin sosteneva che il popolo italiano, passato attraverso le varie dominazioni seguite alla caduta dell’impero romano (da quelle Ostrogote fino a quelle dei Francese e degli Spagnoli) avevano decimato quegli Italiani che per carattere e tempra morale si opponevano, insorgevano e si ribellavano ai soprusi e alle angherie dei conquistatori, per cui il “gene italico” era sopravvissuto e aveva proliferato grazie ai deboli, ai sottomessi e agli asserviti; a quelli capaci di adattarsi alle mutevoli e condizioni storiche e sociali. Secondo questa visione, la “Selezione Nazionale” ha consentito la sopravvivenza solo ai vili, ai succubi e agli ignavi (“che non avrei creduto/ che morte tanta ne avesse disfatta” dice Dante) per cui il Popolo Italiano, abitante questa mera estensione territoriale, rappresenta il mome nto storicamente più alto di tale selezione . Non che non sopravvivano barlumi, scintille, bagliori. Ma questi restano, tuttavia, individuali e isolati e se danno segno di sé, poiché rappresentano una «mutazione», sono additati, esclusi, e vanno ostracizzati e schiacciati con il consenso e la soddisfazione di quanti dalla stessa esistenza di quella diversità, capace di suscitare inusitati sensi di colpa e confronti intollerabili, si sentono accusati e messi in crisi.
Queste pagine sono una rielaborazione grafica di testi già pubblicati nel 2017
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