sanseveropuntoit, 30 aprile 2017
Ecco perché non mi sono ucciso e valga questo meglio di un necrologio… in attesa che qualche procuratore della Repubblica trovasse il responsabile della mia morte. Solo per questo ho smesso il digiuno, iniziato il 17 agosto del 2002 e terminato il 29 settembre del 2002. Per non morire e per evitare che un qualche giornale di provincia ne riportasse la notizia in cronaca aggiungendovi, per eludere ogni compromissione, che ero semplicemente una persona bisognosa di cure psichiatriche come stabilito da una certificazione medica richiesta dall’amministrazione comunale nella quale ero in servizio e poi attendere che uno stupido (nel senso di stupefatto) procuratore si mettesse ad individuare le singole persone che fossero stati responsabili e cagione della mia morte, escludendo, come fa la Procaccini, l’indagine sulle responsabilità politiche e civili di una intera amministrazione. E’ morto? o, peggio ancora, è in ospedale in fin di vita? Colpa di chi? Della Belmonte? Ma quella femmina losca e traditrice tutelava il proprio stipendio immeritato ed era sottomessa all’assessore! Allora è lui il verme, l’assessore? Ma il nome di quello non compare in alcuna pagina del fascicolo! E mica possiamo prendercela con l’altra donnetta, la nuora di Priamo? Allora è quel Sacco, il bieco esecutore, quello del «sotto il vestito niente»? Ma no, quello ha soltanto eseguito un ordine, uno scagnozzo!!! Allora è colpa di Giuliano Giuliani, il sindaco che firma in bianco i trattamenti sanitari obbligatori? Ma era sotto ricatto il poverino! E allora prendiamocela con quei due medici mendàci, i due spergiuri amici di merenda! Ma no, quelli sono solo succubi delle perorazioni dei «funzionari del Comune» e …del demonio! Allora? Potremmo mai inquisire un Ente, una intera amministrazione? Ma la Procura della Repubblica persegue solo la responsabilità delle persone, non le responsabilità civili, quelle disciplinari e, tanto meno le “responsabilità politiche”, parola della Tedeschini !!! Ma sì, archiviamo la cosa, tanto è morto per propria decisione e di questo cosa non si importa nessuno. Resto, dunque, sotto le macerie accumulatesi sulla mia persona da sedici anni ma, «ancora vivo!», non posso restare in silenzio o smettere di chiedere aiuto e soccorso di additare a infamia futura il potere mafioso e le illegalità di questi impuniti malfattori, senza fare sconti a chi se ne fa interprete e difensore, insieme a quelli che, indifferenti e silenziosi, hanno assistito alla morte civile di un uomo senza muovere un dito.
Capitolo Sesto I volenterosi carnefici - parte seconda