LA QUARTA DENUNCIA Per quanto siano trascorsi oltre ventiquattro anni, la quarta denuncia, presentata alla Procura della Repubblica con la data 2 novembre 2001, riesce a dare la migliore idea del mio stato d’animo di allora. Isolato, fuori dal contesto lavorativo, in attesa snervante di un qualche riscontro alla denuncia di quattro mesi prima ma, tuttavia, con quella cartella clinica che mi bruciava tra le mani, ancora pronto a infiammarmi e a darmi sprone per reagire a quel vuoto in cui correvo il rischio di invilupparmi. In quella reattività involuta leggo anche tutti i limiti dello sprovveduto che crede di poter combattere il mondo da solo e senza aiuto, ignorando di dover chiudere ogni denuncia con la clausola di voler essere informato in caso di archiviazione. Ma ce n’era bisogno? I fatti erano così chiari che bisognava solo mandare i carabinieri ad arrestare tutti i responsabili indicati del reato commesso in combutta in barba alla Legge, alla stessa Costituzione e alle leggi speciali che disciplinano un provvedimento sanitario obbligatorio. Reati così plateali che fanno torto al senso comune prima ancora che alle regole di una vita civile in una condizione di democrazia giuridica e di rispetto della persona e dei suoi diritti inalienabili sanciti da una Costituzione; reati perseguibili a livello penale! Voglio dire, se un energumento mi aggredisce in strada con un coltello in mano e passa un carabiniere che mi dice? «Mi presenti una denuncia altrimenti non posso intevenire»? Se un medico certifica un giorno di assenza dal lavoro per malattia senza aver visitato il paziente, si muove un magistrato ma se lo stesso medico fa la stessa cosa asserendolo, senza neppure averlo visto e al solo fine di lederlo nella persona, affetto da disturbi tali da richiedere un trattaento obbligatorio il magistrato risponde: ‘‘Hai fatto la denuncia? E hai scritto che vuoi essere avvisato in caso che…? No? Allora sei fregato e non ce ne frega niente!’’. Tutto ciò, alla faccia dello Stato di Diritto e della Legge uguale per tutti visto che la Procura di Foggia, nel rigettare la opposizione del 27 settembre alla archiviazione della mia prima denuncia, era stata capace di cavillare - d’ufficio - sul reato di «peculato d’uso» che avrei commesso per aver asserito la presenza di miei dati personali nei computer, con invito al PM di procedere nei miei confronti ai sensi dell’art. 314, secondo comma, del codice penale. (Cfr. pag.10 del capitolo 13°) Potrei, quindi, limitarmi ad allegare, senza doverla riassumere, la mia quarta denuncia lasciando a ciascuno la scelta se consapevolizzarsi o meno dei misfatti, degli insabbiamenti e della faziosità della Procura della Repubblica di Foggia ma, se lo facessi, potrei correre il rischio di non attrarre l’attenzione di quel qualcuno a cui, considerando gli allegati delle pezze di mero sostegno o come note a piè di pagina del tutto inutili, potrebbe sfuggire il senso reale delle affermazioni che ho di sopra riportate. Valga, quindi, riassumerla. Nella denuncia affermavo e ribadivo che la certificazione resa dai due medici era palesemente falsa in quanto non ero stato visto né, tantomeno, visitato dai due traditori di Ippocrate portando a sostegno la testimonianza della collega e di altre persone e che il ‘cosiddetto’ dottor Carafa Fernando e l’altro ‘cosiddetto’ dottore Croella N. avevano commesso un reato in connivenza e col sostegno di altre persone individuabili in funzionari, dirigenti e organi politici del Comune di San Severo; il tutto con la violazione della Legge 180/78 ‘‘sia nello spirito che nella lettera’’. Invitavo, inoltre, l’Ordine dei Medici della provincia di Foggia a prendere provvedimenti contro i due medici disonesti, i dottori Fernando Carafa e N. Croella, per aver disonorano la loro professione facendosi partecipi del disegno criminoso in cui erano coinvolte ben due amministrazioni pubbliche, la Asl/Fg1 e il Comune di San Severo. Rinnovavo, quindi, la richiesta di intervento della Procura Generale presso la Corte di Appello di Bari e della Procura della Repubblica di Foggia perché si interrompesse la perpetuazione di reato che l'amministrazione del Comune di San Severo ‘‘ continuava ad attuare in un clima di illegalità per distruggere la persona e l'equilibrio mentale e psichico dello scrivente ’’ nella presunzione di impunità che i rappresentanti politici e gestionali del Comune ricavavano dal mancato intervento della Magistratura.
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La quarta denuncia  2 novembre 2001 sanseveropuntoit, 10 novembre 2025 La musica del sito
Capitolo QUATTORDICESIMO L’UFFICIO CHE NON C’E’