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Giovannantonio Macchiarola
ILLUSIONI PERDUTE
Sono stato molto incerto sulla opportunità di rieditare questo capitolo con il quale nel 2019 ponevo, di fatto, fine all’aggiornamento del sito. Oggi l’avrei scritto in un modo diverso o non l’avrei scritto affatto ma ho ritenuto che ometterlo sarebbe stato come un venir meno alla responsabilità verso me stesso nascondendo la condizione di disorientamento e di disperante avvilimento che i fatti narrati mi avevano creato e che mi indussero a farmi desistere dal dare continuità al mio racconto. Molti i fattori concomitanti che vi hanno contribuito tra i quali, oltre a problemi personali e di salute di cui non vale la pena riferire, si rappresentava il necessario, quanto impervio, compito di dover procedere alla revisione di tutto quanto fin pubblicato per rendere queste pagine leggibili anche sugli altri dispositivi; cosa che, come evidenziatomi da Google, ne penalizzava la visibilità e dava ragione degli scarsi accessi in quanto era questo il motivo per cui il mio sito non veniva indicizzato. I contatti sperimentati nel frattempo e di cui ho voluto conservare la testimonianza nelle precedenti pagine, avevano, inoltre, contribuito a crearmi una situazione psicologica e uno stato depressivo che mi condizionava, portandomi a concludere quanto fosse inutile e velleitario, alla pari di un messaggio nella bottiglia lasciata alle onde convulse dell’immenso oceano di internet, questo mio tentativo di rendere di pubblico dominio la vicenda che intendevo denunciare. C’era, in più, nel rileggermi, la constatazione di essere venuto meno al mio impegno iniziale di raccontare questa storia, facendo ricorso agli innumerevoli documenti di cui ero in possesso, per essermi perso nel racconto delle situazioni occasionali a cui avevo, via via, dato spazio e riportando solo in via incidentale alcuni di quelli, senza contestualizzarli opportunamente in un racconto ordinato e sequenziale come mi ero inizialmente prefissato; troppo coinvolto nella mia storia per riuscire a farne una esposizione cronologica con il distacco e la distanza del narratore che si pone fuori dalla vicenda che racconta… e troppo vivo il tormento che mi agitava per esserne capace. Il comportamento, poi, della Laura Arconti, dopo l’illusione che mi ero vissuto per mesi, aveva contribuito enormemente allo stato depressivo che mi vivevo, rinnovato dalla ricostruzione che, infine, ne avevo fatto. L’altra doccia scozzese subita per il comportamento dell’avvocato Speranza, di cui resta solo la beffa del suo illudente cognome, mi aveva visto, invece, reattivo al punto da farmi carico di una denuncia del fatto all’Ordine degli avvocati di Brindisi (a cui, poi, non detti spazio in questo capitolo ottavo ma che rimane documentata per l’invio che ne ho fatto con posta certificata), per quanto sia stata inutile visto il silenzio che ne è risultato. Tutto questo mi aveva avvilito tanto che a quel tempo, per non sembrare ripetitivo, non aggiunsi nulla per dare conto di un’altra avvocatessa di Lecce che, successivamente e dopo la prima disponibilità e la parcella percepita per il consulto, si è comportata praticamente nello stesso modo del suo collega di Brindisi, negandosi assurdamente ad ogni successivo contatto. Questi ‘eventi’ e l’averli ripresi in quel mese di maggio del 2019, contribuirono a distogliermi dal continuare nel mio impegno perché, per la loro inspiegabilità e il loro irragionevole e assurdo risvolto, assunsero, a quel tempo, il significato patente della orribile e assurda ragnatela in cui restavo invischiato senza alcuna possibilità di aiuto o, almeno, di sollievo; come se quello fosse un destino ineludibile che mi vedeva osteggiato, senza motivo e senza una ragionevole spiegazione, dal mondo intero. Diceva Schopenhauer che l’unico sollievo al dolore della vita lo possiamo trovare nell’arte (e, aggiungo io, nella cultura) per cui, a ripiego, mi è servito tornare ai miei interessi di Storia, ai miei libri, alla mia musica, alla mia poesia e a riprendere la stesura del mio romanzo per sopportare di vivere in questo “mondo cane”. Son dovuti trascorrere tre anni per risorgere dalle mie ceneri e per tornare, senza più farmi illusioni e senza attendermi nulla in questa solitudine abissale, a porre di nuovo mano al mio impegno di denuncia, raccontando in altra maniera «Le straordinarie avventure di un impiegato nel Comune delle Bananas».
Nota al Capitolo OTTAVO del «VECCHIO SITO»
sanseveropuntoit, 21 giugno 2023
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