sanseveropuntoit, 15 novembre 2025
C’è DEL MARCIO A SAN SEVERO
C’è DEL MARCIO A SAN SEVERO
C’è DEL MARCIO A SAN SEVERO
C’è DEL MARCIO A SAN SEVERO
C’è DEL MARCIO A SAN SEVERO
C’è DEL MARCIO A SAN SEVERO
C’è DEL MARCIO A SAN SEVERO
C’è DEL MARCIO A SAN SEVERO
Avevo
letto
su
internet,
alla
fine
dello
scorso
anno,
un
articolo
in
cui
il
giornale
Avvenire
riportava
le
dure
parole
con
le
quali
il
vescovo
di
San
Severo,
rivolgendosi
al
proprio
gregge,
manifestava
la
sua
condanna
dei
fatti
criminali
verificatisi
nella
città
e
del
silenzio
in
cui
i
“cristiani”,
erano
soliti
acquietarsi
contrariamente
a
quanto
è
richiesto
a
chi
si
riconosce credente e seguace delle orme di Cristo.
Ne
avevo
fatto
una
lettura
veloce
e
disattenta,
senza
darvi
al
momento
alcun
peso
se
non
che,
nei
giorni
e
settimane
successive,
per
quanto
non
ne
ricordassi
esattamente
il
contenuto,
quale
fosse
il
giornale
e
chi
fosse
il
nuovo
vescovo,
quell’articolo
mi
tornò
più
volte
in
mente
tanto
da
decidermi
a
rintracciarlo
per
darmi
ragione
di
quel
mio
successivo
interesse.
Dalla
rilettura
che
ne
feci
compresi
di
condividere
stranamente
tutto
il
succo
e
il
senso
delle
parole
che
quell’articolo
riportava
tra
virgolette,
tanto
da
ricavarne
l’idea
che
la
nomina
di
quel
nuovo
vescovo
stesse
a
segnalare
una
svolta,
un’attenzione
della
cristianità
alla
quotidiana
distorsione
del
tessuto
sociale
e
morale
che
subiamo
e
condiviviamo
con
il nostro individuale e omertoso silenzio.
Quella
rilettura
mi
stimolava
a
far
eco
a
quelle
parole,
convinto,
come
sono,
che
il
degrado
di
una
società,
l’illegalità,
il
sopruso
e
la
delinquenza
trovano
ispirazione
e
origine
nei
modi
di
governo
della
classe
politica
politica
dominante
quando
questa
contravviene
ai
principi
che
ne
giustificano
il
fondamento
o
li
calpesta.
Come
a
dire
che
il
degrado
sociale
è
il
risultato
di
una
filosofia
che
si
propaga
dall’alto
e
informa
di
sé
la
comunità
col
contagio
delle
singole
persone
che
la
condividono
e
vi
si
adeguano,
per
cui
l’unico
modo
per
uscirne
è
far
leva
su
quegli
omertosi
che
vi
assistono
in
silenzio
stimolandoli
a
dar
fiato
e
voce al loro malcontento.
Non
posso
riportare
l’articolo
in
questione
perché
coperto
da
copyright
essendomi
stata
negata
la
liberatoria
richiesta,
ma
certamente
non
penso
di
infrangere
i
diritti
d’autore
del
giornalista
se
riporto
alcune
delle virgolettate parole del vescovo.
Le parole del vescovo
«
Come
vescovo
sono
accanto
a
chi
è
leso
nei
suoi
diritti
fondamentali,
a
chi
è
aggredito
da
azioni
violente,
irrazionali
e
scellerate,
a
chi
è
sfruttato
da
manovalanze
schiavizzanti,
a
chi
non
ce
la
fa
più
e
vorrebbe
scappare
da
qui,
a
chi
in
poche
ore
vede
andare
in
fumo
il
suo
lavoro.
Sono
vicino
alle
tante
persone
ferite
che
ho
conosciuto
nei
mesi
scorsi
e
a
quelli
che
attendo
ancora
di
conoscere.
Il
silenzio
omertoso
non
è
lo
stile
del
cristiano, non può essere l’atteggiamento della Chiesa…
»
Queste
le
parole
del
vescovo
che,
allora,
mi
hanno
stimolato
a
scrivergli
una
lettera;
specie
la
sua
dichiarazione
di
essere
‘‘
accanto
a
chi
è
leso
nei
suoi
diritti
fondamentali,
a
chi
è
aggredito
da
azioni
violente,
irrazionali
e
scellerate
’’
e
la
sua
dichiarata
vicinanza
‘‘
alle
tante
persone
ferite…
e
a
quelli
che
attendo
ancora
di
conoscere
’’.
In
più,
sembrava
che
quelle
parole:
‘‘
a
chi
in
poche
ore
vede
andare
in
fumo
il
suo
lavoro’’
fossero
direttamente indirizzate a me per quanto accadutomi in passato.
Con
tutto
ciò,
l’idea
di
scrivere
una
lettera
al
vescovo
di
San
Severo
maturò
nella
mia
mente
molto
lentamente
e
dopo
averla
scritta
ebbi
più
di
una
remora
a
farne
invio
e,
dopo
averla
inviata,
ho
avuto
anche
occasione
di
pentirmene
visto
il
silenzio
con
cui
la
mia
missiva
è
stata
ricevuta.
Devo
chiarire
che
da
quando
ho
saputo
della
morte
di
don
Vincenzo
Prattichizzo,
che,
per
mia
univoca
scelta,
consideravo
il
mio
padre
spirituale,
il
mio
interesse
nei
confronti
della
Chiesa
si
è
alquanto
affievolito
e,
infine,
raffreddato.
Dicevo,
infatti,
a
don
Vincenzo
che,
quando
lui
sarebbe
morto,
non
avrei
avuto
più
occasione
di
definirmi
“cattolico”
o
di
sentirmi
legato
alla
Chiesa
e
ai
suoi
rappresentati,
per
quanto
avessi
in
considerazione
Ratzinger
e
la
sua
battaglia
contro
il
relativismo imperante.
Ma
la
Chiesa
è
addestrata
da
duemila
anni
a
fare
politica,
anche
quando
questo
vezzo
contrasta
con
il
messaggio
che
la
giustifica
e
con
il
modo con cui, solo sul piano verbale, si manifesta.
Infatti,
nel
rileggere,
oggi,
a
distanza
di
un
anno,
che
‘‘
il
silenzio
omertoso
non
è
lo
stile
del
cristiano
’’;
che
‘‘
il
silenzio
omertoso
non
può
essere
l’atteggiamento
della
Chiesa
’’
e
che
‘‘
la
Chiesa
non
può
restare
a
guardare
o
girarsi
dall’altra
parte,
facendo
finta
di
nulla
’’,
mi
rendo
conto
che
erano
solo
parole
di
circostanza,
solo
una
‘Predica
da
Pulpito’;
quelle
prediche,
o
sermoni,
che
i
«cattolici»
ascoltano
disattenti,
ritenendole
rituali
forme
strumentali
di
intrattenimento,
alla
pari delle giaculatorie che non intendono.
L’unico a cascarci è stato lo scrivente.
P.S.
L’articolo in questione è leggibile integralmente
qui.
La lettera al Vescovo
di San Severo
Philip Glass (1937)
Violin Concert n. 1, 1